Come è cambiato il nostro modo di vivere la casa dopo la pandemia
La pandemia mondiale ha trasformato profondamente il nostro rapporto con gli spazi domestici. Da luogo di passaggio e rifugio serale, la casa si è trasformata improvvisamente in tutto: ufficio, scuola, palestra, cinema, ristorante. Un cambiamento che ha lasciato un segno duraturo, sia nel modo in cui progettiamo e arrediamo gli ambienti, sia nel vissuto psicologico degli spazi che abitiamo.
Lo spazio domestico diventa multifunzionale
Il lockdown ci ha costretti a ripensare gli ambienti in funzione di nuove necessità: il soggiorno è diventato anche luogo di lavoro, la cucina un’aula scolastica, la camera da letto uno spazio di introspezione e benessere. Questo ha portato a una richiesta crescente di arredi trasformabili, soluzioni flessibili e divisori mobili. L'home office oggi non è più un angolo improvvisato, ma un elemento stabile del progetto d’interni.
Il designer Patricia Urquiola, celebre per la sua capacità di coniugare funzionalità ed emozione, ha sottolineato più volte in interviste l’importanza di "creare spazi che si adattino a noi", proponendo collezioni per Moroso e Cassina che interpretano la casa come un organismo vivo, mutevole, connesso ai nostri bisogni psicologici.
Il bisogno di comfort e benessere psicologico
Vivere a lungo in ambienti chiusi ha aumentato il desiderio di case accoglienti, luminose e stimolanti dal punto di vista emotivo. Il design ha assunto una nuova funzione terapeutica: colori tenui, materiali naturali, luce calda e presenza di piante contribuiscono al benessere mentale. Non si cerca solo la bellezza, ma uno spazio che faccia sentire protetti, sereni e in equilibrio.
Anche Ilse Crawford, pioniera del design emotivo e sensoriale, ha posto al centro della sua visione il concetto di benessere negli interni. Le sue ricerche e collaborazioni con brand come Ikea hanno contribuito a rendere accessibile un design che risponde a bisogni profondi, non solo estetici.
Verso una casa più personale e consapevole
La pandemia ha anche accelerato il desiderio di autenticità: la casa non è più solo una vetrina, ma lo specchio di chi la abita. Le scelte d’arredo oggi riflettono gusti, valori e ritmi personali. Cresce la consapevolezza verso il design sostenibile, il recupero dei materiali, l’artigianato locale e la personalizzazione.
In questa direzione si inserisce anche il lavoro di Humberto e Fernando Campana, i fratelli brasiliani che da anni sperimentano con materiali riciclati e forme ibride, anticipando con il loro approccio sostenibile e identitario le nuove esigenze dell’abitare post-pandemico.
Design biofilico e apertura verso l’esterno
La mancanza di contatto con la natura ha reso evidente l’importanza del verde, anche all’interno delle mura domestiche. Il design biofilico è entrato in modo permanente nel vocabolario dell’interior design: piante, materiali organici, colori naturali e luce solare sono diventati elementi essenziali di benessere. Terrazzi, balconi e giardini sono stati rivalutati e integrati con gli spazi interni, trasformandosi in vere estensioni del living.
Architetti come Stefano Boeri hanno portato all’attenzione globale l’idea di architettura vivente con progetti come il Bosco Verticale, e oggi lavorano su spazi residenziali che integrano la natura nel cuore del progetto abitativo, anche in piccoli contesti urbani.
Un cambiamento duraturo
Questi nuovi bisogni non sono stati una parentesi passeggera. Hanno aperto la strada a una nuova idea di casa, più fluida, intima e centrata sulla persona. Gli interior designer oggi sono chiamati non solo a progettare ambienti esteticamente coerenti, ma anche a creare esperienze abitative capaci di rispondere a esigenze psicologiche profonde: connessione, serenità, identità, flessibilità.